Natale sta arrivando, con le sue luci, i suoi alberi addobbati e le sue tavole imbandite. Per alcuni è un momento di gioia, famiglia e calore. Per altri, diciamolo pure, è un periodo da cui scapperebbero volentieri, magari rifugiandosi in una baita isolata senza presepe né “Jingle Bells” in sottofondo.
A chi ama il Natale e le sue tradizioni, auguro di viverlo con serenità e gratitudine. A chi invece lo tollera a fatica, o lo odia proprio, mando un abbraccio solidale: ci sono momenti in cui il carico delle feste pesa più del dovuto. A volte per motivi leggeri, come i parenti un po’ troppo curiosi, altre volte per ragioni più profonde, solitudini che si fanno sentire o assenze che bruciano.
Ecco, allora, il mio modo per farvi gli auguri: raccontarvi una storia tipicamente natalizia. Una storia semplice, forse, ma capace di toccare il cuore. Perché a volte, soprattutto a Natale, abbiamo bisogno di ritrovare un po’ di quella magia che ci fa fermare, riflettere e guardare le cose con occhi diversi.
Qualunque sia il vostro Natale, che sia pieno di luci e brindisi o che preferiate trascorrerlo in silenzio, questa storia è per voi. Perché anche nelle feste più difficili, una storia può farci sentire meno soli.
Buon Natale a tutti, anche ai Grinch, ai solitari e a chi, semplicemente, cerca un momento di pace.

***

24 Dicembre. I negozi erano un fermento di ultimi acquisti, con persone che correvano ovunque alla ricerca del regalo perfetto o, per molti, di qualsiasi cosa che bastasse a soddisfare l’obbligo di donare qualcosa a coniugi, figli, nipoti, vicini e amici. Tra la folla, spiccava una bambina.

“Virginia, cosa chiederai a Babbo Natale quest’anno?”

Nei profondi occhi castani della bambina c’era un velo di tristezza, in netto contrasto con l’atmosfera festosa attorno a lei.

“È un segreto, signora Rossi. Lo posso dire solo a Babbo Natale.”

La donna nel cappotto marrone e la bambina erano un piccolo ingombro per i passanti, camminando a un ritmo lento lungo le strade affollate di un centro commerciale.

“Mi dispiace, signora Rossi. Questo è il massimo che riesco a fare. Forse la gente si arrabbia con me.”
“Non preoccuparti, Virginia. Nessuno è arrabbiato con te. Stai andando benissimo.”

La maggior parte dei passanti provava un moto di compassione vedendo Virginia procedere con le sue stampelle. Ma altri, meno gentili, la vedevano solo come un ostacolo nel flusso caotico dello shopping.

“Guarda, Virginia, è Babbo Natale!”

Era quasi ora di chiusura. Il centro commerciale si stava preparando per la vigilia di Natale, e uno degli aiutanti di Babbo Natale aveva già steso un cordone di velluto rosso per chiudere l’ingresso al Villaggio di Babbo Natale.

“Eravamo in ritardo. Per favore, può far entrare ancora una bambina?”
“Mi dispiace, ma ho già mandato via altri bambini. Dobbiamo chiudere prima o poi.”

La piccola Virginia rimase pietrificata dalla delusione. Ma accadde uno di quei momenti magici di Natale. Non furono tanto le stampelle, quanto lo sguardo di Virginia – implorante, speranzoso e triste – a toccare il cuore dell’aiutante. Si guardò velocemente intorno e sganciò un’estremità del cordone.

“Presto, entrate.”

Erano decimi in fila.

“Ce la fai a stare in piedi così tanto?”
“Sì, sto bene, signora Rossi.”
“Non vuoi dirmi cosa chiederai per Natale?”

Finalmente un accenno di sorriso.

“No. Secondo lei, Babbo Natale può davvero darmi quello che voglio? È questo che fa, no?”
“Non lo so, tesoro. Ma sono sicura che ci proverà.”
“Proverà?”

L’accenno di sorriso scomparve, sostituito da un’espressione preoccupata. “Provare” non era abbastanza, non quella vigilia di Natale. La posta in gioco era troppo alta.
Babbo Natale sembrava stanco. Bambino dopo bambino, era stata una lunga giornata.

Ecco, ci siamo quasi. Mezz’ora e ce ne andiamo.”
“Già, è stato un mese lungo, non solo una giornata”, rispose Marco, conosciuto anche come l’Elfo Gianni.

Lui sapeva che Enrico, il Babbo Natale del centro, viveva da solo e non parlava mai di amici o parenti.

“Enrico, stasera vengono un po’ di persone a casa mia. Vieni anche tu. Non dovresti stare da solo questa notte.”
“Grazie, ma no. Andrò bene. Ho regali da consegnare in tutto il mondo questa notte”, disse con un sorriso amaro.

La fila si accorciava. Quando arrivò il turno di Virginia, Babbo Natale sentì che quella sarebbe stata la visita più importante della serata.

“E tu come ti chiami, piccola?”
“Virginia.”
“Che bel nome! E cosa vuoi per Natale, Virginia?”

Virginia guardò Babbo Natale con occhi timidi e poi sussurrò:

“Voglio essere amata.”

L’aria festosa si fermò. Babbo Natale restò senza parole, mentre Gianni, l’Elfo, abbassò lo sguardo per nascondere le lacrime.

“Virginia, sono sicuro che qualcuno ti ama già.”
“Non mi sento amata. Vivo con la signora Rossi, ma lei è solo la mia famiglia affidataria. È la mia quinta casa.”
“E i tuoi genitori?”
“Non ho mai conosciuto mio padre. La mamma è morta due anni fa.”

La voce di Virginia tremava.

“Voglio solo qualcuno che mi ami abbastanza da portarmi a casa con sé… per sempre.”

Babbo Natale sentì il cuore spezzarsi. Disse solo:

“Ti prometto che qualcuno ti amerà, Virginia.”

Gli occhi di Virginia si illuminarono.

“Lo prometti davvero, Babbo Natale?”
“Sì, Virginia, lo prometto.”

Quella notte Enrico non riusciva a dimenticare Virginia. Alla fine del turno, sulla via di casa, il centro di Verona era illuminato a festa, ma il pensiero di Virginia lo tormentava.
Enrico apparteneva a una famiglia di industriali abbienti, conosciuta e rispettata in città. Ma da qualche tempo aveva scelto di allontanarsi da quel mondo dorato per prendersi una pausa. Voleva vivere tra la gente comune, senza privilegi o aspettative, provando una vita più semplice e autentica. Aveva accettato il lavoro come Babbo Natale quasi per caso, senza immaginare che avrebbe significato molto più di un modo per riempire le sue giornate.
Arrivato a casa, si fermò davanti allo specchio. Era ancora vestito da Babbo Natale e, come in un film, comprese cosa doveva fare. Prese il telefono.

“Gianni, non hai ancora riportato il portafoglio della signora Rossi, vero?”
“No, ma stavo per farlo.”
“Aspetta. Lo porto io.”

La tempesta di neve era intensa mentre Enrico raggiungeva la casa della signora Rossi. Arrivato, bussò alla porta.

“Babbo Natale?” esclamò Virginia sorpresa.
“Sono venuto a portarti il tuo regalo, Virginia. Vorrei… vorrei adottarti. Vorrei darti una casa, un posto dove starai per sempre, amata, ogni giorno, anche mentre dormo.”
“Davvero? Per sempre?”
“Sì, Virginia. Per sempre.”

La bambina sorrise come non aveva mai fatto.

“Allora tu sei il mio regalo di Natale?”

Enrico rise con le lacrime agli occhi.

“Sì, Virginia. Io sono il tuo regalo di Natale.”

E mentre si abbracciavano, la neve cadeva silenziosa fuori dalla finestra, e in quella piccola casa illuminata, il desiderio di Natale si era finalmente avverato.

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