L’anziana signora si avvicinò lentamente alla panchina che dava sulla vallata, sotto il tiepido sole autunnale. L’aria era frizzante, e il suo cappotto di lana le dava conforto. Si sedette con un sospiro di sollievo, appoggiando con cura la borsa sulle ginocchia.

«Buongiorno,» salutò un uomo dai capelli argentati, seduto all’altro lato della panchina. «Giornata splendida.»

La signora sorrise. «Sì, è vero. Fresca, ma bella.»

L’uomo piegò il giornale e le restituì il sorriso. «Mi chiamo Mario.»

«Piacere, Mario. Io sono Giovanna.» Con le mani segnate dal tempo, cercò di sistemarsi meglio la sciarpa.

Rimasero in silenzio per qualche istante, guardando la vista mozzafiato sulla valle del Trentino, con i suoi tetti rossi e i vigneti che si allungavano verso l’orizzonte. «Ho sempre amato questa vista,» disse infine Mario.

«Prego?»

«La vista,» ripeté lui, indicando con il bastone verso il paese. «Da ragazzo venivo qui per guardare i treni.»

Giovanna seguì il gesto, osservando i binari che si snodavano nella valle.

«Mi piacevano i treni a vapore. Li vede?» aggiunse Mario.

«Sì, li vedo. Non ci sono più, però. Un’altra epoca.»

Mario annuì. «Un’epoca diversa. Da ragazzo viaggiavo spesso. I miei non sapevano mai dove fossi. Non era come oggi.» Fece una pausa. «Ha figli?»

«Sì, due. E ora anche dei nipoti.»

«Che fortuna. Come si chiamano?» Mario si girò verso Giovanna, notando il volto segnato dagli anni e la lunga treccia bianca che le scendeva sulla spalla.

«Il maggiore si chiama Tommaso. Ha due figli anche lui, ormai grandi. Li vedo raramente.»

«Tommaso è un bel nome.»

Giovanna sorrise. «E poi c’è Elena. Finalmente si è sposata l’anno scorso. Ha quasi sessant’anni, ma si è decisa.»

«Che meraviglia!»

«Sì, lo è stato. Era raggiante.»

Mario si appoggiò allo schienale della panchina. «Io non ho mai avuto figli.»

Passò qualche momento in silenzio.

«Può leggere il suo giornale, sa? Non mi disturba,» disse Giovanna.

«No, no. Mi fa piacere chiacchierare. Soprattutto con una bella donna,» aggiunse con un sorriso malizioso.

Giovanna ridacchiò. «Che galante. Avrà spezzato molti cuori.»

«Non saprei,» rispose lui con modestia.

«Ha sempre vissuto qui, Mario?» chiese Giovanna.

«Sì, sono cresciuto in un paesino poco distante. E ho studiato a Trento. Calder… Calder qualcosa. Non ricordo.»

«L’età ci ruba i ricordi, vero?» Giovanna lo disse dolcemente.

Mario fece spallucce. «Già.»

Lei sospirò. «Ci porta via tutto, alla fine. I ricordi, il corpo, la mente.»

Rimasero di nuovo in silenzio, persi nei loro pensieri.

«Posso chiederle una cosa, Mario?»

«Certo.»

«Si è mai sposato?»

Mario scosse la testa. «No, non mi sono mai sposato. C’era una ragazza, una volta… Ma non ricordo il suo nome. E lei?»

«Sì. Ho sposato il mio migliore amico, l’amore della mia vita.»

«Che fortuna!»

«Sì, lo è stata. Ora però l’ho perso. E la solitudine è terribile, davvero terribile.» Giovanna abbassò lo sguardo.

Mario le prese la mano con delicatezza. «Mi dispiace tanto. Da quanto tempo?»

«Quasi cinque anni. E niente è più stato lo stesso.» Gli occhi azzurri di Giovanna, un tempo brillanti, si riempirono di lacrime.

Mario la osservò con tristezza. «Che peccato. Ha qualcuno vicino a lei?»

«I miei figli sono lontani. Tommaso vive a Verona, Elena a Bolzano. E ormai non faccio altro che cancellare nomi dalla mia rubrica. Tutti i miei amici… non ci sono più.»

Mario le porse il fazzoletto. «Ecco, prenda questo.»

Giovanna abbozzò un sorriso. «Grazie.» Si asciugò gli occhi. «Che sciocca. Mi prenderà per una vecchia matta.»

«Per nulla.»

«Beh, mi ci sento. Dovrei essere grata per ciò che ho. I miei figli sono felici. Lei ha ragione, sono stata benedetta.»

Mario parve confuso. «Cosa?»

«Poco fa ha detto che sono stata benedetta per i miei figli.»

«Ah sì, è vero.» Scosse la testa. «Mi dimentico tutto, più invecchio.»

Giovanna rimise il fazzoletto nella borsa. «La vita è strana, Mario, non trova?»

«In che senso?» chiese lui, inclinando la testa.

«Non riesco a credere di essere qui. Alla fine della mia vita. E cosa ho da mostrare per tutto questo tempo?»

Mario non rispose.

«Non mi sento diversa rispetto a dieci, venti anni fa. Ma quando mi guardo allo specchio, vedo una vecchia donna che non riconosco. Tutto sembra così… inutile.»

Mario si schiarì la gola. «Non so come aiutarla su questo, mi spiace.»

«Lo so, Mario. Non mi aspetto risposte. Volevo solo dirlo ad alta voce.»

Dopo un momento di silenzio, Mario le chiese: «Sa, mi sembra di conoscerla. Ci siamo già incontrati?»

Giovanna sospirò. «Sì, Mario. Ci conosciamo.»

Mario aggrottò la fronte.

«E ora è ora di andare. Questo freddo mi entra nelle ossa.» Giovanna si alzò lentamente e gli tese la mano. «Andiamo, caro. Ho preparato il brasato. Poi guarderemo le corse, ti piacciono le corse, no?»

Mario si alzò, ancora pensieroso. «Le corse?»

«Sì, amore. E dopo chiamiamo Tommaso in video. Ti ricordi?»

Mario annuì debolmente e prese il giornale.

La coppia anziana si allontanò mano nella mano, lasciando la panchina dove ogni domenica mattina si sedevano da cinquant’anni, tornando alla loro casa ormai vuota, carica dei ricordi di una vita.

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